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Le carte di pagamento sono il principale metodo di pagamento e la linfa vitale di ogni e-commerce.

Per ogni transazione online l’Esercente deve incassare il prezzo stabilito per il bene o il servizio venduto.
È anche vero che a volte si verificano situazioni di acquisto potenzialmente problematiche, specialmente quelle effettuate per acquisti d’impulso e in alcuni casi, fortunatamente limitati, frodi deliberate.

In questi casi scatta il cosiddetto chargeback, la procedura che prevede il riaddebito all’Esercente dell’importo precedentemente accreditato oltre ai costi delle fee per gestire la contestazione.
In poche parole i chargeback rappresentano una criticità per molti e-commerce.

La soluzione non è certo tornare ad accettare solo bonifici e (costosissimi) pagamenti in contrassegno.
Quello che dovete fare è dotarvi dei giusti strumenti e metodi per prevenire i chargeback prima che accadano o risolverli, una volta aperti, a vostro favore.

 

Cos’è il chargeback?

Un chargeback si verifica quando un acquirente chiede alla società emittente dello strumento di pagamento di stornare un pagamento effettuato. Nel caso dell’ecommerce, un chargeback può essere richiesto per diversi motivi:

  • Il cliente può voler restituire un articolo non riuscendo a contattare l’esercente
  • o ritiene di aver ricevuto un articolo danneggiato o difettoso
  • il merchant potrebbe non aver inviato la merce
  • oppure potrebbe essere stata usata una carta rubata per fare acquisti online.

 

Cosa significa il chargeback per un e-commerce

Il chargeback è sempre un evento negativo per il merchant. Quando viene aperta la disputa, al merchant viene addebitata la somma contestata più una commissione per la gestione della contestazione che può arrivare fino a 100 euro!

Oltre al fatto che spesso la merce è già stata spedita e difficilmente può essere recuperata. Infine, anche quando dietro al chargeback non si nasconde una frode ma solo un cliente scontento, il chargeback può portare a recensioni negative dell’azienda e dei suoi prodotti.

 

Come evitare i chargeback

Tenere sotto controllo eventuali chargeback richiede da parte dell’Esercente vigilanza e una strategia proattiva da aggiornare periodicamente.

 

Verifica l’identità del tuo cliente con il 3-D Secure

Il 3-D Secure è un protocollo progettato dai circuiti di pagamento che rappresenta un ulteriore livello di sicurezza supplementare per le transazioni con carta di credito o debito via internet.
Il 3-D Secure prevede la conferma del pagamento tramite una password o un codice temporaneo che (solitamente) viene inviato al cellulare dell’acquirente.

Utilizzare un istituto di pagamento che mette a disposizione il 3-D Secure mette al riparo l’ecommerce dal chargeback dovuto alle carte di credito rubate e clonate.
La maggior parte dei gateway di pagamento offre una gestione del 3-D Secure piuttosto semplice, spesso limitandosi a configurarlo come attivo o non attivo.

ComNpay permette la configurazione modulabile del 3-D Secure. Dal pannello di controllo è possibile stabilire un importo di transazione al di sotto del quale non richiedere il 3-D Secure. Il merchant può decidere in autonomia e sulla base dell’importo del suo carrello medio, la soglia sotto la quale assumersi il rischio di chargeback e sopra la quale essere protetto dal 3-D Secure.

 

 

Premia i clienti affidabili

In quasi tutti i gateway di pagamento è possibile creare la blacklist, la cosiddetta “lista dei cattivi pagatori” nella quale inserire le carte di credito sospette o quelle che hanno generato problemi.

In ComNpay teniamo in alta considerazione il principale asset dell’Esercente: il Cliente finale!
Oltre alla Blacklist, abbiamo sviluppato la whitelist: la “lista dei buoni Clienti”
La whitelist è l’elenco nel quale inserire le carte di pagamento dei migliori clienti.

Inserire una carta di pagamento in whitelist permette al Cliente di non dover inserire il 3-D Secure premiando la sua fedeltà e affidabilità, premiandolo con un’esperienza di acquisto semplice e rapida!

 

 

Impara a riconoscere gli ordini sospetti

Le truffe che portano a chargeback sono in continua evoluzione, anche se ci sono alcuni elementi “ricorrenti” che possono far scattare un campanello di allarme.

Uno di questi è la non corrispondenza tra la geolocalizzazione della carta di pagamento, l’indirizzo IP dell’acquirente e l’indirizzo di spedizione. Ricevere un ordine da una carta di credito spagnola inviato da un indirizzo IP francese con consegna in Italia deve far scattare la soglia di attenzione dell’Esercente e andrebbe analizzato in profondità.

In ComNpay forniamo al merchant lo strumento per verificare rapidamente la corrispondenza tra paese di emissione della carta di pagamento e indirizzo IP e soprattutto in caso di mancata coerenza tra questi elementi, il sistema richiede sempre il 3D Secure o ne blocca l’acquisto.

 

 

Come comportarsi con un ordine sospetto

In situazioni di questo genere ci sono alcuni passaggi utili ad evitare un chargeback:

  • Verificate l’indirizzo di spedizione con Google Maps: è un condominio o un negozio che potrebbe offrire il servizio di ricezione pacchi conto terzi? Esiste davvero?
  • Verificate se con quella carta di credito sono stati fatti altri acquisti in precedenza, magari anche da clienti diversi.
  • Verificate se dallo stesso indirizzo IP sono stati fatti altri acquisti in precedenza, magari anche da clienti diversi.
  • Telefonate all’acquirente. Da una telefonata potreste essere in grado di capire meglio con chi avete a che fare.
  • Cercate il profilo social. Esiste? È nell’area geografica dell’indirizzo di spedizione?
  • Se possibile, in caso di ordini sospetti, chiedete un ulteriore prova all’acquirente. Ad esempio il documento d’identità o una foto dell’intestazione di una utenza domestica (bolletta, estratto conto telefonico, etc).

 

Trasparenza ed un customer care a 5 stelle

Esiste anche il rischio di vedersi addebitato un chargeback nel caso in cui un cliente, anche in buona fede, non sia soddisfatto del prodotto o del servizio ricevuto.

In questi casi il Cliente cercherà di contattare il merchant tramite il sito, telefonando o scrivendo sui social, raramente si rivolgerà direttamente al proprio istituto per richiedere lo storno della somma pagata.
Presidiare attivamente tutti i canali di comunicazione con la clientela e rispondere tempestivamente ad eventuali lamentele è un’ottima occasione per evitare chargeback e per trasformare un problema in opportunità rendendo soddisfatti proprio i clienti più difficili!

 

Adotta una strategia personalizzata

L’incidenza dei chargeback su un’attività online varia sensibilmente. Esistono attività a basso rischio e attività che per la natura dei propri prodotti si prestano ad avere più chargeback.

  • Adottare un gateway di pagamento come ComNpay che offre diversi strumenti di alert per le transazioni sospette è un ottimo primo passo.
  • Prendersi del tempo per analizzare a fondo le transazioni sospette forma la sensibilità necessaria ad individuare in anticipo ordini che possano generare problemi.
  • Tenere aggiornate la propria strategia anti-frode permette di trasformare un potenziale rischio nell’opportunità di migliorare il proprio business on-line!
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Il consenso generico a ricevere newsletter

Con la sentenza n. 17278 del 2 luglio 2018 la Corte di Cassazione ha inferto un duro colpo alla pratica di molti siti internet di condizionare l’invio di notizie, di solito gratuite, alla prestazione di un generico consenso a ricevere “informazioni promozionali”.

Infatti, con questa sentenza i giudici hanno dichiarato che un simile modo di procedere viola la privacy del consumatore che non è in grado di sapere con chiarezza ed in anticipo a cosa sta acconsentendo.

La pratica del consenso obbligatorio per ricevere un servizio

Il caso posto all’attenzione della Corte di Cassazione trae origine da una sanzione del Garante Privacy irrogata nei confronti di società specializzata nell’advertising su internet, la quale aveva operato un trattamento di dati personali per finalità promozionali senza aver raccolto il consenso «libero e specifico» degli interessati.

Il sistema funzionava così: la società, tramite il proprio sito internet, offriva un servizio di newsletter su finanza, fisco, diritto e lavoro; per accedervi l’utente doveva fornire, oltre alla propria e-mail, un consenso al trattamento dei dati personali. Per conoscerne l’uso in dettaglio doveva però cliccare su di un link ed “atterrare” su di una diversa pagina web in cui si specificava che i dati venivano utilizzati anche per l’invio di comunicazioni promozionali nonché informazioni commerciali da parte di terzi. In mancanza di adesione il servizio non veniva erogato.

La sentenza della Corte di Cassazione sulle regole per il web advertising

Con la citata sentenza, la Corte di Cassazione ha finalmente bocciato in modo definitivo questa pratica e detta nuove regole per l’advertising sul web.

Per i giudici di legittimità, infatti, con riguardo ai dati personali, si deve fare riferimento ad una nozione di “consenso informato” che non ammette compressioni di alcun genere e non sopporta di essere perturbato non solo da errore, violenza o dolo ma neppure da “stratagemmi, sotterfugi, slealtà, doppiezze o malizie comunque adottate dal titolare del trattamento”.

Il consenso va prestato singolarmente per ogni effetto

Ciò posto, i giudici precisano che “nulla impedisce al gestore del sito … di negare il servizio offerto a chi non si presti a ricevere messaggi promozionali, mentre ciò che gli è interdetto è utilizzare i dati personali per somministrare o far somministrare informazioni pubblicitarie a colui che non abbia la volontà di riceverli”.

L’utente, infatti, deve sempre essere con certezza posto in condizione di raffigurarsi, in maniera inequivocabile, gli effetti del consenso prestato al trattamento dei suoi dati. Se esso, dunque, come in questo caso, comporta una pluralità di effetti, va singolarmente prestato in riferimento a ciascuno di essi.

Quali insegnamenti un sito internet, specialmente un ecommerce, può trarre da questa importante sentenza?

E’ presto detto:

  1. non può dirsi “specificamente” e “liberamente” prestato il consenso i cui effetti non siano indicati con completezza accanto ad una specifica “spunta”, ma siano invece descritti in altra pagina web linkata alla prima, senza che vi sia contezza che l’interessato l’abbia consultata;
  2. per essere “specifico”, il consenso deve essere riferito ad un trattamento chiaramente individuato, il che comporta la necessità, almeno, dell’indicazione dei settori merceologici o dei servizi cui i messaggi pubblicitari saranno riferiti.
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Prendere la decisione di inaugurare il Blog di ComNpay non è stato semplice.

Di blog dedicati alle vendite online e al digitale ce ne sono davvero tanti, molti di alta qualità e altri di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno.

Da un po’ di tempo a questa parte, il Team ComNpay sentiva forte l’esigenza di creare un canale di comunicazione diretto con gli e-merchant che hanno adottato la nostra piattaforma e con tutti i Partner con i quali collaboriamo.

L’impegno che prendiamo con i lettori del blog ComNpay è quello di condividere ciò che accade nel nostro mondo virtuale, mettendo a disposizione di chi ci legge informazioni, notizie interessanti, novità, trend del mercato digitale e esperienze vissute da noi in prima persona.

Il digitale è un ecosistema delicato, presidiato da giganti del web (alcuni dicono monopolizzato)….eppure è un universo che offre enormi opportunità di lanciare e sviluppare il proprio business.

A chi sostiene che non si possa competere con le multinazionali, invito ad analizzare diversi casi italiani di successo. Progetti come Subito.it che ha realizzato un’eccellente marketplace rispondendo al bisogno dei consumatori o come e-Price che ha saputo competere focalizzandosi sui servizi a valore aggiunto. E penso anche a Preventivi.it che, con una semplice idea, ha intercettato l’esigenza del mercato mettendo in contatto domanda e offerta.

Una delle fasi chiave del processo di acquisto del cliente è il momento del check-out.

Ci siamo chiesti: può un gateway di pagamento fare la differenza?

E se sì, come?

Sulla base della User eXperience del cliente finale, Afone Paiement ha ideato e realizzato ComNpay.

Abbiamo lanciato in Italia l’innovativo gateway di pagamento ad ottobre 2017 e, in questo anno e mezzo di attività, integrato oltre 250 e-commerce, tra i quali affermati brand e promettenti start-up, che saranno accompagnati nel percorso verso il successo.

Ed è proprio questa la migliore occasione per ringraziare tutti i Partner, i Clienti che ci hanno accordato la propria fiducia e anche tutti coloro che, facendo scelte diverse, ci hanno stimolato al miglioramento.

La scelta di lavorare per differenza ci sta ricompensando!

Essere diventati, in così breve tempo, un punto di riferimento nel mercato dei sistemi d’incasso rappresenta per noi la spinta, giorno dopo giorno, a lavorare con sempre maggiore entusiasmo e attenzione al risultato.

Il 2019 sarà l’anno delle grandi novità!

La piattaforma ComNpay si è arricchita di funzionalità ad alto valore aggiunto che consentono agli e-Merchant di vendere di più e meglio.

Ad esempio, l’efficace funzionalità per velocizzare il social selling (Facebook & Instagram), il tool per il recupero dei carrelli abbandonati e il programma di loyalty a disposizione di tutti gli Esercenti per aumentare la fedeltà dei propri clienti.

A marzo verrà lanciata la funzionalità “Buy now – Pay later”, per le vendite rateali, che ci consentirà di essere il primo istituto di pagamento ad offrire questo servizio sul mercato italiano.

Naturalmente non ci fermeremo qui, il cambiamento è nel nostro DNA!

Quest’anno ci vedrà protagonisti di un progetto chiave per il mercato italiano: il lancio del nuovo logo di Afone Paiement… ma su questo vi chiediamo di avere ancora un po’ di pazienza e continuare a seguirci sul Blog ComNpay….